Figli di colonizzati e figli di colonizzatori: il primo corso di Università Migrante (2007)

“Perché dobbiamo studiare?”

Il nostro primo corso, nel 2007, era dedicato alla storia del colonialismo. Parlava di colonizzati e colonizzatori, ieri e oggi.

Ci siamo fatti delle domande. Ad esempio:
Chi ha sottomesso e sterminato i popoli dell’America Latina?
Chi erano Patrice Lumumba, Steven Biko e Rosa Parks?
Come hanno lottato contro il razzismo e il colonialismo?
Quali sono stati i misfatti del governo italiano in Africa?
Ci siamo detti: se non sappiamo rispondere a queste domande, rischiamo di avere una visione parziale e distorta di uno dei maggiori fenomeni del nostro secolo: le migrazioni.
Dedicare del tempo ad approfondire questi temi significa infatti acquisire un solido bagaglio culturale, utile a favorire la nascita di associazioni composte da cittadini nativi e immigrati antirazzisti.

Perché oggi è importante impegnarsi volontariamente per questa aggregazione?Le migrazioni stanno offrendo a tutta l’umanità una grande occasione: pensare ad un nuovo concetto di cittadinanza che non sia più basato sull’appartenenza ad uno stato. Una cittadinanza che metta al centro le persone come soggetti portatori di diritti, ovunque decidano di risiedere.

Il nuovo “cittadino globale”, sia esso immigrato o stanziale, deve essere in grado di contaminarsi positivamente senza rinunciare alle proprie origini culturali.

Essere partecipi e attivi nella società italiana non deve essere una gentile “concessione” fatta a chi adora la pizza. La candidatura, un giorno, di Hatem, Mohamed o Lubna alle elezioni dovrà essere una semplice manifestazione di civiltà di una società che riconosce i propri soggetti politici in tutta la loro diversità, anche se dovessero scegliere di non diventare “italiani veri”.

Questo concetto di convivenza non è scontato e va elaborato. Implica saper condividere lo stesso spazio mettendo insieme diverse eredità storiche che ci condizionano pesantemente. I figli di popoli colonizzati vengono (in pace) a restituire la visita ai figli dei loro colonizzatori.

Il feroce conquistatore Cortés ammirava le creazioni delle genti che aveva sottomesso e sterminato. I turisti europei di oggi ammirano l’artigianato “esotico” senza essere sfiorati dall’idea di condividere la vita dei suoi produttori, specie quando diventano i nuovi vicini di casa.
Cristoforo Colombo collezionava indigeni come un naturalista e li classificava in elenchi di campioni vegetali e animali. I giornalisti europei di oggi classificano le persone in “uomini” (i cittadini europei), da una parte, e in “marocchini”, “rumeni”, “cinesi” e così via, dall’altra.
Sono solo due esempi di come è cominciata l’epoca colonialista e di come ancora non possiamo dire che sia terminata.

Pensare a una nuova idea e pratica della cittadinanza è quindi un compito e una sfida per tutti, per gli immigrati e per gli autoctoni, che implica una specie di rivoluzione culturale.

Università Migrante vuole formare promotori di questa sfida che sappiano usare l’associazionismo e il lavoro volontario come strumenti per infondere nella società un po’di coraggio, di fantasia e di lungimiranza.