Per i rifugiati l’Italia non è un luogo sicuro

I dati dell’UNHCR in occasione della “Giornata mondiale del rifugiato”

Nel corso della “Giornata mondiale per il rifugiato” tenutasi il 20 giugno, l’UNHCR (United Nations Refugee Agency) ha presentato dati inquietanti sulla condizione dei richiedenti asilo, in particolare per quel che riguarda l’Italia, all’ultimo posto in Europa per l’accoglienza dei rifugiati politici che secondo la normativa internazionale avrebbero diritto all’equiparazione legislativa con i cittadini dello stato ospitante.

Il tema scelto quest’anno per la Giornata mondiale era “Home – Un luogo sicuro per ricominciare”, a significare più che altro una speranza, come hanno spiegato i relatori: “Vogliamo in questo modo ribadire che i rifugiati, persone costrette ad abbandonare le proprie case a causa di guerre e persecuzioni, hanno il diritto di ricostruirsi una vita in sicurezza e dignità. E che a questo scopo hanno bisogno di un luogo dove possano essere accolti e che dia loro l’opportunità di ricostruirsi un percorso di vita al riparo dalle minacce e dalla violenza”.

Secondo il Rapporto statistico annuale delle Nazioni Unite alla fine del 2009 risultavano 43.3 milioni le persone in fuga da conflitti e violazioni dei diritti umani, il numero più alto dalla metà degli anni novanta, mentre il numero di rifugiati rimpatriati spontaneamente, circa 250.000, è il più basso degli ultimi venti anni. “Il rapporto – ha sottolineato Laurens Jolles, delegato Unhcr per il sud Europa – mostra inoltre come l’80% dei rifugiati viva nei paesi in via di sviluppo, principalmente in aree urbane, sfatando il luogo comune secondo il quale ci sarebbe un’invasione di rifugiati nei paesi industrializzati”.

In Italia i rifugiati sono 55.000, in Germania quasi 600.000 e nel Regno Unito circa 270.000, mentre la Francia e i Paesi Bassi ne ospitano rispettivamente 200.000 e 80.000. “In Italia nel 2009 sono state presentate circa 17.000 domande d’asilo, poco più della metà rispetto all’anno precedente, diminuzione dovuta alle politiche restrittive attuate nel Canale di Sicilia da Italia e Libia, fra cui la prassi dei respingimenti in mare. Il netto calo delle domande di asilo dimostra come i respingimenti anziché contrastare l’immigrazione irregolare in realtà hanno gravemente influito sull’accoglimento del diritto di asilo in Italia”.

Molti tra i rifugiati accolti in Italia lo scorso anno erano provenienti dalla Somalia, dall’Eritrea, dall’Iraq e soprattutto dall’Afghanistan da cui arriva un numero sempre più alto di minori non accompagnati. Il delegato delle Nazioni Unite ha posto l’accento sull’importanza delle politiche d’integrazione “in quanto strettamente connesse alla possibilità per il singolo rifugiato di rifarsi una vita in dignità e sicurezza. Nonostante le domande di asilo in Italia siano dimezzate, il sistema di seconda accoglienza non ha potuto dare risposte adeguate alle esigenze d’integrazione dei rifugiati, che si trovano a vivere in condizioni di grave privazione, pur avendo ottenuto formalmente protezione. A Roma, Milano, Torino, Firenze, Bari, Napoli e Palermo, rifugiati somali, eritrei, afgani vivono senza fissa dimora, privati della stessa dignità che il diritto di asilo dovrebbe loro restituire, costretti a trovare un riparo in edifici occupati abusivamente. A volte non ottengono l’iscrizione anagrafica, restando quindi esclusi dall’accesso a servizi pubblici essenziali. Per le autorità diventano ‘invisibili’, mentre le comunità locali tendono a percepirli come fonte d’illegalità e insicurezza. Quale integrazione quindi si può realizzare se non viene assicurata a queste persone l’effettiva opportunità di inserirsi nel territorio con il diritto a un alloggio dignitoso?”.

A causa di questa disastrosa situazione, molti richiedenti asilo cercano di lasciare l’Italia per recarsi in Paesi più accoglienti, ma il Regolamento di Dublino II non lo consente e quindi vengono rimandati da noi (primo Paese ospitante).